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Danza Terapeutica a scuola tra creazione e distruzione

Abstract: Dentro e fuori dalle regole e il ruolo del DMT a scuola che lavora tenendo presente una polarità che diventa sia approccio metodologico sia occasione per l’integrazione.

Essere presente qui a Cagliari, nel contesto di questo convegno sulla Danzamovimentoterapia in ambiente scolastico, è entusiasmante per la possibilità di incontrare colleghi

e insegnanti che hanno a cuore come me una pratica i cui effetti terapeutici e riabilitativi sono ormai riconosciuti e richiesti dalle strutture, dai docenti e…perché no? dagli stessi utenti: bambini, adolescenti, studenti universitari, soprattutto coloro che, avendo sperimentato brevi laboratori, sono in genere molto determinati a seguire un percorso di approfondimento mediante programmazioni di durata più estesa.

Il piacere di potermi rivolgere direttamente agli insegnanti qui presenti è strettamente connesso alle molteplici attività dell’Associazione Sarabanda di Milano di cui sono socia fondatrice e che si occupa da 17 anni della diffusione della danza contemporanea e della danzaterapia in ambito istituzionale: scuole ma anche centri di riabilitazione psichiatrica, case di riposo per anziani e, parlando di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, luoghi di grande sofferenza come il carcere o le RSA ove gli utenti vivono da lungo tempo il disagio della reclusione e della malattia.

All’interno della nostra metodologia operiamo quasi sempre con gruppi di persone perché uno dei principi fondamentali del lavoro è l’INTEGRAZIONE. Integrazione di ragazzi “diversi” all’interno del gruppo-classe ma anche intesa come integrazione di diversi aspetti delle problematiche.

Un’esigenza personale di “far danzare tutti” è stata una tematica tipica della mia infanzia e adolescenza, aspirazione sviluppata e applicata poi in Francia e in Messico negli anni ’70 con le utenze più diverse.

La “via del corpo” mi è sempre sembrata una risorsa straordinaria per portare le persone ad avere maggior fiducia nelle possibilità di cambiamento, di apertura, di comunicazione con se stessi e con gli altri.

Trovai grandi risposte alla mia ricerca di un metodo che
canalizzasse il mio entusiasmo ad Oriente nelle antiche Arti come per esempio lo YOGA, dove la cura si fa costante pratica corporea, ma anche e soprattutto nella dimensione di quella che in Cina nelle Arti Marziali si chiama Scuola Interna [Nei Jia]. In effetti, e qui mi riallaccerò al titolo del mio intervento “tra creazione e distruzione”, è purtroppo più noto l’aspetto della Scuola Esterna [Wai Jia], quella che punta a combattere un avversario esterno eliminandolo, piuttosto che la dimensione CREATIVA dell’aprirsi all’altro, aprire i confini rigidi dell’io per neutralizzare l’avversario con la quiete della mente.

“Non esistono avversari ma compagni” è una frase che si riporta spesso e che mira a far integrare all’allievo le proprie dimensioni combattive, parti di sé da riportare ad un tutto che non viene vissuto come esterno a sé.

Presupposti fondamentali di una pratica autentica sono l’identità tra macro e micro-cosmo, l’unità dell’organismo e del suo movimento, la TOTALE PARTECIPAZIONE a ciò che comunque ACCADE…Ambiente esterno e interiore colloquiano e coincidono in ogni attimo. (C. Moiraghi)

E già qui vi parlo di quiete o di cose che potrebbero apparire troppo “poetiche” o estranee alla nostra cultura ma posso assicurarvi che io, come forse anche voi ora, penso al chiasso, alle urla, al disagio espresso in tutti i modi da bambini e ragazzi nel quotidiano ed anche all’altro disagio, quello non espresso che rimane nell’ombra, quello che non trova modo o spazio per uscire… E’ proprio per questo che spesso gli insegnanti ci richiedono la danzamovimentoterapia a scuola…
Inizialmente come sfogo, come canalizzazione e contenimento alla forte energia che si manifesta come irruenza, movimento verso l’esterno e che nella Medicina Tradizionale Cinese viene visto come uscita del movimento del Legno e paragonato ad un puledro a lungo trattenuto che trova improvvisamente una via d’uscita o addirittura rompe una barriera.

Inizialmente sembra proprio che la DMT serva a questo: dare forma all’ansia di sfogo… Un’attività in più, finalmente corporea, da fare a scuola… E va bene anche così…

Anche questo è un aspetto importante ma ancor più rivelatore se visto in una dinamica più ampia…

Ogni cosa trova proprio nel suo opposto senso e completezza così come è proprio nella sua parte più interna che essa trova la
sua polarità.

Nel corso di questi anni, oltre all’intento di “liberare i ragazzi dal banco” per aprirli al piacere della corporeità, mi era guida e risorsa continua la frase tratta dal piccolo libro di Gusty Herrigel “Lo Zen e l’arte di disporre i fiori”.

L’evitare movimenti bruschi
va considerato saggezza
di vivere.
Il procedere con calma e
delicatezza è una condizione
indispensabile per
disporre i fiori.
I fiori vanno trattati
con tenerezza.
A un fiore bisogna
chiedere solo
ciò che è conforme
alla sua natura.

Lo spazio per questa cura e delicatezza si aprì mano a mano che le scuole ci dettero spazi più adeguati e più possibilità applicative: CORSI E LABORATORI non solo per bambini e ragazzi, ma anche MOMENTI DI AGGIORNAMENTO PRATICO PER DOCENTI con frequenti COLLOQUI con gli insegnanti per cogliere insieme diversi aspetti delle varie problematiche. Si riuscì a creare un setting più protetto sia dal punto di vista fisico che psichico, quando ci furono messe a disposizione aule e non palestre, porte chiuse e non
corridoi e impianti che permettessero un adeguato e attento ascolto della musica.

Devo dire che ora, malgrado una certa confusione dovuta ai cambiamenti burocratici e metodologici che avvengono a scuola, stanno aumentando le richieste da parte degli insegnanti per percorsi più lunghi e approfonditi che possano aprire ad una dimensione di apprendimento che risuoni in uno spazio più interiore, quello dell’ascolto e della comprensione.

E’ di questi giorni sui giornali l’attenzione dedicata al libro di Paola Mastrocola “Una barca nel bosco” che si fa portavoce di un bisogno del tempo per sé, di un tempo “meditativo” da dedicare allo studio e alla ricerca personali piuttosto che diecimila laboratori per occupare tutto il tempo senza lasciare spazi vuoti. Spazi vuoti per il vuoto.

Le nostre corse, le nostre ansie da prestazione sono ricadute sui ragazzi, sui bambini…
Alcune insegnanti di asilo nido (!) mi hanno pregato di far notare a questo convegno come anche i piccolissimi abbiano necessità di essere accolti ed aiutati da una delicatissima metodologia di DMT che ancora stiamo mettendo a punto sperimentalmente con risultati riconosciuti sia dal personale che dai genitori…!

E’ importante che insegnanti ma anche genitori comprendano che non si tratta di far muovere i bambini o peggio ancora di animarli con la motivazione sicuramente corretta (naturalmente io parlo di Milano!) che non ci sono più i cortili, né i giardini, che i ragazzi non rientrano più a casa correndo ma all’uscita da scuola sono immediatamente sigillati dentro un auto che li attende in coda insieme ad altre auto (per essere poi ri-sigillati in casa!).

Il movimento, che appare talvolta come il più evidente aspetto, è solo un aspetto ma che ovviamente non basta a far considerare il valore terapeutico della DMT.

E’ l’unione di questo aspetto esterno-yang con il suo interno-yin che apre il cuore nostro di danzamovimentoterapeuta ad incontrarsi con quello dei bambini o, in ogni caso, di qualunque utente…quel SILENZIO del NON FARE e dell’ASCOLTO, SPAZIO EMPATICO DI ACCOGLIENZA NON GIUDICANTE.

E’ quell’attimo prima che il bambino/ragazzo racconti il sogno fatto danzando…e forse anche quello dopo…o quello durante!

Quell’attenzione posta ai materiali più delicati: stoffe, tessuti,
veline sfumate, piume che usiamo in alternanza continua con altri che danno un senso di rigidità o di durezza: bambù, pietre, legni… Materiali sicuramente sempre molto evocativi che vengono trattati con la giusta attenzione anche se magari certi passaggi possono vedersi non solo come delicati ma anche come momenti di sfogo o distruzione.

Ricordo quel momento che mi venne raccontato da una collaboratrice in cui alcuni bambini di III elementare guardarono le loro mani per riconoscere che…”Ah! Ma allora le mani non servono solo per picchiare…possono accarezzare, dare, prendere!”. Anche le insegnanti, toccate nel profondo, continuarono ad elaborare il lavoro in classe con i bimbi. Qualcuna di esse disse: “Anche io…vorrei…provare…a danzare…”

E’ importante che noi danzamovimentoterapeuti o insegnanti che lavoriamo con i ragazzi troviamo in noi quello spazio, quel silenzio… quel vuoto nel cuore che permette l’aprirsi ad un nuovo che sinceramente per tutti noi risuona un po’ di Antico…

“Buoni o cattivi
non dimenticate i vostri inizi,
non dimenticate i vostri inizi
in ogni periodo,
non dimenticate i vostri inizi
nella vecchiaia”.

Zeami Motokiyo “Il segreto del Teatro No”

Così, anche per gli insegnanti, è importante conoscere…assaggiare magari solo un po’, per sentire l’enorme possibilità di questa apertura…Apertura creativa all’altro.
Apertura che…inizierà dai piedi…come nel laboratorio che seguirà: via le scarpe…apriamo i piedi alla terra!
Vi invito a guardare la meraviglia di questi piedi…nei quadri di Pier della Francesca… (vedi diapo). Sono i piedi dei nostri occidentalissimi antenati…che anche loro, come le donne
indiane…non portavano scarpe!!

Per tornare al mio lavoro, secondo la metodologia che propongo ritroviamo 3 RADICI: la danza moderna per canalizzare nel movimento emozioni e vissuti, la danzaterapia di MARIA FUX per il concetto di INTEGRAZIONE come base fondamentale per il lavoro con il “diverso” e, come terza radice costantemente presente, il ponte ORIENTE-OCCIDENTE. In esso ritroviamo la delicatezza per l’approccio interiore ma anche la precisione nel metodo di osservazione. Si accentua la dimensione realmente ecologica dell’uomo nel Cielo/Terra, in un continuo percorso analogico di riferimento interno/esterno, sé/mondo, nel riconoscimento di una polarità che permette di vedere le dinamiche nella loro continuità e possibilità di trasformazione.

Integrazione e trasformazione nella MTC fanno riferimento al movimento della Terra.

La Terra è perno rotante e dinamico per gli altri Elementi. Favorisce la connessione e la trasformazione.

Ecco i Cinque Elementi, che sono cinque primari modi dell’esistenza, che avvengono dentro di noi proprio come intorno a noi.

Anche dentro di noi in primavera il vento del movimento si agita, e d’estate il calore prevale, e d’autunno la voglia di richiuderci proprio come il metallo profondo nelle viscere della terra, e d’inverno un certo letargo del corpo e della mente rassomiglia a certe fredde ed immote profondità oceaniche.

Ed è la capacità della terra, anch’essa ben viva in noi, che ci permette di trasformare un modo nell’altro, proprio come ogni giorno trasformiamo un qualsiasi alimento, un essere vivo che sacrifichiamo per fare nostra la sua vita, in noi stessi.

E dall’armonia dei rapporti energetici fra questi cinque modi di essere viene il benessere, mentre dalla loro disarmonia nasce il malessere.
(C. Moiraghi “Tai Ji Quan – la forma lunga e la forma breve”)

Da un punto di vista della documentazione del lavoro svolto in questi anni e della possibilità per la DMT di integrarsi nella scuola, le allieve della Scuola di Formazione in DMT

Sarabanda stanno svolgendo gruppi di studio sulla DMT nella scuola nei suoi diversi aspetti: la possibilità di proposte, le diverse applicazioni della metodologia, i collegamenti con le altre discipline, i rapporti con le insegnanti (è stata elaborata un’apposita scheda per documentare la risposta del corpo insegnanti alla DMT a scuola), la possibilità di collegarsi a Facoltà Universitarie come Scienze dell’Educazione, Scienze Motorie, Filosofia, Psicologia ecc.

Le insegnanti che stanno frequentando la Scuola di Formazione, sia docenti di materie artistiche sia laureate in Scienze dell’Educazione che hanno già svolto lunghi tirocini in ambito scolastico o riabilitativo, hanno portato alla luce nel loro gruppo di studio alcuni presupposti teorici che coincidono con quelli della DMT.

Punti essenziali sono emersi in seguito a colloqui con i docenti della Facoltà di Scienze della Formazione di Milano oppure studiando i testi di Demetrio, della Favaro, di Palmieri (docenti nelle Università di Milano Bicocca e Statali)

Le valenze educative e terapeutiche della DMT sono state anche spunto per l’elaborazione di alcune tesi di laurea.

Ho ritenuto interessante citare qui alcuni punti di quella che si chiama DIDATTICA DELL’ACCOGLIENZA (Favaro):

  •  la cura per un ambiente/setting dove si esprimano i vissuti collegandoli alle esperienze scolastiche;
  • il primo posto dato al fare;
  •  la sospensione del giudizio;
  • il creare uno stato di benessere;
  • l’usare alfabeti non solo verbali.

Per ciò che riguarda invece il concetto di SFONDO INTEGRATORE mi piace riprendere una piccola parte dell’intervento della Dott.ssa Roberta Garbo, docente di Pedagogia Speciale presso l’Università Statale di Milano.

La Dott.ssa Garbo ha dato il suo apporto al convegno organizzato
dall’Associazione Sarabanda a Milano presso l’Università Cattolica nel 2002 dopo aver visto alcuni incontri di DMT tenuti con i bambini presso la nostra scuola.

La Danza delle differenze

“…Muovendosi, e non solo metaforicamente, in contesti educativi di questo tipo i bambini imparano ad attingere alle risorse (a volte omogenee, a volte diverse, a volte decisamente fuori dagli schemi) di cui dispongono, a sperimentarne l’impiego entro i confini definiti dall’attività e a orientarsi a metterle in gioco nella relazione con gli altri.

Nel caso delle arti-terapie in generale, e della danzaterapia in particolare, ci si affida a una logica non sostitutiva o compensativa ma piuttosto abilitativa, vale a dire rivolta a scoprire le potenzialità, anche quelle non immediatamente palesi, a permettere un incontro “spregiudicato” con la difficoltà senza il quale è più difficile intravvedere i possibili cammini di crescita ed evoluzione, prestare attenzione e valorizzare le differenze entro la cornice di una esperienza di apprendimento condivisa, di uno sfondo integratore capace di dare significato alla presenza e al contributo di ciascuno.

E per finire: “In Cina,infatti, il pensiero non è proteso verso la conoscenza, ma verso la cultura.Vi si afferma che tutto ciò che è materia di studio aiuta a sviluppare la personalità. Questo miglioramento di tutto l’essere,concepito come un gioco di tutto l’essere, procura un sentimento autosufficiente di libertà e di accrescimento.

Gli antichi saggi lo hanno sentito fortemente e l’hanno assai bene espresso.Così le loro opere hanno potuto per lunghi secoli bastare ai loro compatrioti.

Constatare il trionfo dell’ortodossia e una lunga pausa della tradizione filosofica non vuol dire constatare un letargo del pensiero. Dal momento in cui i loro Saggi ebbero insegnato loro a sentire che il pensiero è una fonte di liberazione, i Cinesi, disdegnando ogni scienza discorsiva e preoccupati unicamente di cultura, poterono limitarsi a meditare.

Da: Il pensiero cinese
Marcel Granet

 

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